Una riflessione su come la tecnologia possa migliorare l’esistenza invece di condizionarla.
C’è chi arriva a controllare la propria dipendenza dai devices tecnologici e chi si rifiuta a priori di possedere una mail, un cellulare o la connessione a internet. Tra questi due estremi esiste un’ampia via di mezzo in cui collocarsi con serenità e giusto spirito critico.
Nell’ambito della ristrutturazione degli edifici in atto nel Paese, sempre più prendono piede sistemi di smart building in grado di regolare la temperatura della casa a distanza, con sensori di rilevamento per le persone e gestione della luce e dell’energia elettrica con ricadute significative sui costi in bolletta.
Abbiamo smart cities dotate di semafori intelligenti, sistemi innovativi per gestione e smaltimento dei rifiuti, protezione dell’ambiente, razionalizzazione dell’energia e dell’urbanistica, una Pubblica Amministrazione sempre più connessa al cittadino.
Queste città intelligenti avranno sempre più una smart mobility con smart car connesse tra loro, il trasporto pubblico e ferroviario gestito da IoT.
Grazie a programmi di smart agriculture, costituiti da sensoristica ambientale e droni, è possibile monitorare il meteo e dosare con sempre maggior precisione acqua, fertilizzanti e concimi, migliorando il rapporto legato a cibo e sostenibilità.
Lo smart manufacturing, intimamente connesso agli obiettivi di Industria 4.0, unisce tematiche legate all’automazione, alla robotica e allo sviluppo di prodotti sempre più sicuri per l’industria e per gli operatori alle macchine.
IoT è un buon esempio di come la tecnologia possa rendere migliori le nostre esistenze, senza necessariamente dipendere negativamente da esse. Tutto può diventare più smart, quindi più intelligente e più facile da usare. IoT (acronimo di Internet of Things) è quell’insieme di tecnologie che consentono di collegare alla rete praticamente qualsiasi oggetto ad un device che può gestirne le funzionalità in remoto, come un tablet o uno smartphone.
Se ne parla diffusamente, specie dopo l’esperienza nefasta della pandemia. Eppure il lascito che ne è derivato, ha cambiato in meglio la vita di molti attraverso una gestione del lavoro decisamente alternativa: lo smartworking (ed anche una sua derivazione, il cosiddetto lavoro ibrido) funziona davvero. Se ne sono accorte aziende e dipendenti, che hanno imparato ad utilizzare a supporto la giusta tecnologia, specie quando occorre coordinare e sviluppare idee in team i cui membri sono per lo più in remoto: lavagne interattive di grandi dimensioni, connettività, applicazioni performanti per chattare e condividere, oggi sono una piacevole realtà.
Alla fine, una cosa sembra essere chiara: il problema non è la tecnologia stessa, piuttosto l’uso che se ne vuole fare - ndr. il buon senso è sempre la discriminante migliore.
Ancora una volta, l’importante è usare a nostro vantaggio cellulari, computer e connessioni alla rete al fine di migliorare la nostra esistenza e quella di chi amiamo e abbiamo intorno.