Sotto l’egida dell’UE, l’Italia è pronta a una stagione lunga 6 anni di importanti riforme e ingenti investimenti in 6 macro ambiti, dalla digitalizzazione alla transizione ecologica
Solo 21% degli italiani ha una conoscenza specifica del PNRR mentre 8 cittadini su 10 lo conoscono almeno di nome. Ben 2 italiani su 3 vorrebbero saperne di più su come contribuirà alla ripresa del Paese. Ecco cosa emerge da una ricerca di Changes Unipol, elaborata da Ipsos, che analizza conoscenza, interesse e fiducia nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Il PNRR è un documento predisposto dal governo Draghi che spiega come verranno dislocati i fondi europei e quali riforme verranno messe in campo per raggiungere gli obiettivi economico-sociali definiti a Bruxelles.
Seguendo le linee guida predisposte dalla Commissione europea, il testo è articolato in 6 Missioni, intese come aree strutturali di intervento:
Le Missioni sono suddivise in 16 Componenti, che si esprimono in 43 ambiti di intervento.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (in inglese Recovery and Resilience Plan, noto anche con l’acronimo RRP) ambisce a dare nuovo slancio all’economia italiana, rendendola più resiliente, verde e digitale.
La pandemia da Covid-19 ha ulteriormente indebolito l’economia nazionale, già caratterizzata da forti elementi di fragilità. Mentre il Pil di Germania, Francia e Spagna nel ventennio 1999-2019 cresceva rispettivamente del 30,2%, del 32,4% e del 43,6%, l’Italia segnava un fiacco +7,9. Anche i dati su NEET (popolazione tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione), povertà assoluta e partecipazione al lavoro delle donne sono sotto la media europea, posizionandoci come fanalino di coda. In più, il Belpaese è particolarmente esposto ai cambiamenti climatici. L’aumento del livello del mare e l’incremento delle precipitazioni intense mettono a rischio zone costiere e pianure alluvionali.
Perché l’Italia ha una scarsa produttività? L’introduzione del PNRR si sofferma sulle principali cause, incominciando dai ritardi in termine di digitalizzazione. L’assenza di infrastrutture adeguate ha reso ancora più lenta l’adozione di nuove tecnologie, specialmente in un tessuto produttivo prevalentemente composto da piccole e medie imprese. Non solo: il calo degli investimenti privati e pubblici negli ultimi anni ha ancor di più limitato i processi di modernizzazione sia della PA che delle infrastrutture e delle filiere produttive. Altro elemento di debolezza è la lentezza nella realizzazione di importanti riforme strutturali, a partire dalla giustizia. A chiusa dell’introduzione, il governo rammenta il grande boom economico del dopoguerra, alludendo a una possibile analogia con l’attualità e sottolineando il “ruolo trasformativo che investimenti, innovazione e apertura internazionale possono avere sull’economia”.
A fronte della crisi pandemica, l’Unione Europea ha risposto a luglio 2020 con un programma d’ampio respiro chiamato Next Generation EU(NGEU), pacchetto da 750 miliardi di euro, costituito per circa la metà da sovvenzioni, e andando a sospendere il Patto di stabilità.
L’Italia è lo stato europeo che maggiormente beneficia, in valore assoluto, dei 2 strumenti del NGEU:
Per poter usare le risorse del Dispositivo, i singoli stati hanno dovuto presentare il proprio Piano di Ripresa e Resilienza, rispettando le raccomandazioni specifiche dettate dall'UE nell’ambito del Semestre europeo e le percentuali di destinazione dei fondi (almeno 37% della spesa per obiettivi climatici e almeno il 20% per la transizione digitale).
La durata del PNRR coincide con quello del Dispositivo, dal 2021 al 2026.
In merito al quantum in dote all’Italia, negli scorsi mesi si sono avvicendate cifre discordanti: per il Piano l’Europa è intenzionata a versare 235 miliardi di risorse e comprende, oltre ai 204,5 miliardi via Next Generation EU, i 30,6 miliardi derivanti da un Fondo complementare finanziato attraverso lo scostamento di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile 2021 e autorizzato dal Parlamento, a maggioranza assoluta, nella seduta del 22 aprile 2021.
Secondo le analisi del MEF, con la piena operatività di tutte le azioni contenute nel PNRR si stimolerà la crescita e l’occupazione e nel al 2026 l’impatto positivo sul Pil sarà pari a circa 3 punti percentuali.